VERSI in CAMMINO
Analisi personale di Dino ARTONE
sulla pubblicazione 'VERSI in CAMMINO'
Analisi personale Federico Galterio, amico di eclettico ingegno e poliedriche idee, mi ha proposto la lettura di queste sue composizioni, da me inizialmente e presuntivamente ritenute classicamente poetiche, e basta.
Ho invece constatato che si tratta a mio
parere di personali forme di cosiddette “proesie”, una sorta di neologismo nel
quale mi sono imbattuto qualche anno fa in qualche composizione di un suo mezzo
omònimo, Federico Sardelli.
In questo caso, le composizioni di Federico
Galterio si propongono con una licenza poetica talora volutamente non
‘grammaticale’ o ‘metrica’, ma ‘fattuale’, cioè ‘prosastica’, entrando a far
parte di quella forma letteraria detta “prosimetro”, come dirò più avanti, prodotta
con riferimento a tematiche multiformi relative a fatti o accadimenti solitamente
veri, ma anche presunti, prevedibili o imprevedibili, immaginati o temuti.
Il tutto a volte nell’alveo dell’ironia o qua
e là del suo fratello feroce, il sarcasmo.
( “ Proesando…/ senza restrizione / di forma metrica / o d’esigenza ritmica / con gioco di parole / senza fuga dalla realtà / ma nella quotidianità / ad altri lasciando nature morte / in forme misteriose ”.
“Non immune è l’arte poetica / che vuole osservare la realtà contemporanea / con asserzione razionale / equanime nel rappresentare / fatti quotidiani / da tradurre in rime e versi ”.
“Per concezione di vita fondata su convinzioni / idee e princìpi / nell’interpretare e descrivere i modi del conoscere ”.
Va dunque chiarito, per i non addetti ai lavori, che il “prosimetro” è una forma letteraria sui generis, ossia una espressione linguistica senza vincoli di ritmo o di metrica, con alternanza di prosa e di versi.
Essa risale a lirici greci e poi anche latini - come nel
Satyricon di Petronio - ma ebbe nella “Vita Nova” di Dante l’esempio tipico. E
più avanti è presente perfino nel nostro grande concittadino del Cinquecento,
Antonio Sebastiani detto “Il Minturno”, che scrisse in latino e in volgare
prose e versi, addirittura osando proporre una
riforma della canzone petrarchesca. Ma pure in tempi moderni il ‘prosimetro’ lo
si riscontra ad esempio nei “Canti Orfici” di Dino Campana e nel
“Signore degli Anelli” di John Ronald Reuel Tolkien.
In ogni caso va detto che, in poesia, alcune
forme di ironia sono ritenute vera e sensibile ‘tecnica letteraria’, perché si utilizzano
incongruenze e discordanze per significare un qualcosa di diverso dal classico
significato letterale. Infatti si distinguono, in poesia, tre diverse forme
di ironia: la ironia verbale, la ironia situazionale
e la ironia drammatica.
In realtà, però, codesta potrebbe ascriversi ad
una quarta forma: chiamiamola pure ironia ‘galterica’.
Ecco dunque che chi cerchi in questi
componimenti di Federico le tradizionali sincronie o armonie, o astuti ossimori
poetici, se non classiche rime sciolte o baciate, resterà deluso ma sarà
ripagato (si spera…) da uno stile (fors’anche troppo) asciutto e diretto, pur
con qualche apparente allitterazione o provocatorio pleonasmo: di certo
palesemente voluti e ‘ironicamente’ riferiti al tema in corso.
I temi, appunto. Ed è forse proprio questo lo
scopo ultimo di Galterio, essendo egli un sociologo da sempre operante, sia
nella pregressa attività di docenza che attualmente coi suoi diversi ‘hobbies’.
‘Tematiche d’attualità’, oltre che “rimeggiando
e proseggiando”, è infatti un altro sottotitolo
di questo testo.
In definitiva, il fine e l’auspicio
dell’Autore appare quello di proporsi in forme di socializzazione
e di comunicazione colloquiale, in un contesto di comunità tra scrittore e
lettore.
Un modo ‘altro’, leggero e moderno
paragonabile - perché no ? - all’antico
“Ridendo castigat mores” del poeta
francese Jean de Santeul; o, analogamente, al “Quid vetat dicere verum ridentem?” di Orazio.
Dino Artone
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